INTERVISTA AD UN POLIZIOTTO…

Vi riportiamo quest’intervista fatta ad un funzionario della P.S (POLIZIA di STATO), di cui non citiamo il nome, per privacy, ma possiamo dirvi che opera in un commissariato nella provincia di Napoli. Indicheremo con la lettera G, il giornalista e la lettera P, il poliziotto.
Innanzitutto, noi giovani ragazzi della IID, la ringraziamo anticipatamente per il contributo che ci sta dando, mettendoci a disposizione parte del suo tempo. Le porgeremo solo poche semplici domande per avere risposte da una persone che spesso si trova a contatto con il mondo del calcio…
G:”Cosa ne pensa del calcio?”
P:”Bhè che dire, è uno sport come tutti gli altri, che io seguo soltanto in occasione delle competizioni internazionali come Europei e Mondiali, tuttavia mi trovo spesso a contatto con la vera realtà del calcio sia perché ho un figlio che ha una vera passione per questo sport,che pratica, sia perchè abitualmente mi trovo a fare servizio su alcuni campi sia di squadre minori, ma anche di maggiore prestigio come il Napoli.
G.”Lei quindi si trova ad essere sia un tifoso, alle partite di suo figlio, sia un poliziotto, alle partite dove presta servizio. Come ci si sente?
P.”Mi trovo a contatto con due realtà totalmente differenti, nella prima oltre ad essere un tifoso, ci tengo innanzitutto a ribadire che sono anche un genitore, un educatore, ed in quanto tale, ho sempre educato mio figlio al vero spirito del calcio,insegnandogli che alla base di ogni sport c’è prima di tutto l’umiltà, poi il divertimento, la lealtà, la solidarietà, valori che però non riscontro nella mia realtà lavorativa, anche perché spesso mi trovo a contatto con persone, come dire, “diverse”.
G:”Perché le definisce diverse?”
P:”Sono diverse perché non concepisco il loro comportamento anzi spesso mi sono fermato anche a riflettere se il “diverso” ero io. Mi trovo a lavorare su campi, indubbiamente di categoria superiore a quella di mio figlio,forse sarà anche per quello che non riscontro quello spirito di divertimento e passione che circonda il campetto dove gioca lui, circondati da persone pronte ad attaccare l’arbitro, a fare cori contro noi delle forze dell’ordine, contro la squadra avversaria, dove avvengono frequentemente risse, campi che non rispecchiano appunto i veri valori del calcio.
G:”Di ciò, ne siamo consapevoli, soprattutto noi ragazzi campani,o meglio del SUD, che ci troviamo circondati da una realtà dove domina la camorra e spesso “usciamo anche in televisione” certamente non per cose buone. La violenza negli stadi è molto frequente sui nostri campi da gioco, soprattutto nelle categorie minori. Lei cosa ne pensa a riguardo?
P:”Violenza negli stadi…ho molti ricordi legati a ciò…quello che più mi salta alla mente è di quando ero un giovane ragazzo, entrato da poco nelle forze nell’ordine, con l’entusiasmo di indossare la divisa e mi trovai a fare appunto servizio, ad una partita di serie D…lo ricordo ancora come se fosse ieri…I caschi non erano sufficienti per tutti ed io ero tra quelli che non ne avevano uno, e nel bel mezzo della partita, per poco non fui colpito da un bullone,che cadde a terra a pochi centimetri da me, e che ancora oggi conservo e spesso lo faccio vedere a mio figlio, mentre gli racconto quest’episodio, posso dire che me la vidi proprio brutta …chissà se mi avesse colpito cosa sarebbe successo…poi come voi spesso sento ai tg di poliziotti uccisi o feriti durante una partita di calcio. Ci terrai a dire che noi poliziotti siamo persone come altri, abbiamo una famiglia, che la domenica, per andare su questi campi trascuriamo, infatti a volte non posso andare alle partite di mio figlio, non posso uscire a fare una passeggiata per rispettare il mio compito, per compiere il mio dovere. Non è bello sapere che da un momento all’altro, mentre si è sul campo o nei pressi dello stadio, a causa di una decisione dell’arbitro può scoppiare una guerra. Io ancora oggi, a quarantacinque anni ho paura di andare ad una partita di calcio, di portare mio figlio allo stadio e da poliziotto, ma soprattutto da Italiano, penso che tutto ciò non può essere possibile; a causa di un gioco alla cui base ci sono valori che ci dovrebbero unire, dobbiamo essere pronti a rischiare la vita. Perché rovinare un gioco, uno sport che fa sognare grandi e piccini, che ci tiene uniti davanti ad una televisione a sorreggere la nostra squadra, che ci fa gioire per un goal fatto e ci delude per un goal subito? Queste sono le domande che mi pongo a cui cerco di darmi delle risposte.
G:”E queste risposte le ha trovate?”
P:”Le uniche risposte che mi sono dato sono di continuare a fare sempre con impegno e passione il mio lavoro, cercando di eliminare la violenza dal calcio, la seconda è di educare mio figlio a sani principi, a cui questo sport si ispira, e che può trasmettere anche agli altri suoi coetanei con la sua passione, perché è proprio dai più piccoli che si deve partire se si vuole cercare di fare qualcosa di concreto.
G: Se potesse tornare indietro, desidererebbe ancora una divisa per suo figlio?
P: Quella della divisa è stata una mia scelta libera, operata esclusivamente per vocazione, ma soprattutto per portare aiuto alle persone, fin da bambino era il mio unico desiderio. Certamente gli auguro di diventare prima un grande Uomo nella vita, poi un grande calciatore, meglio di un poliziotto vero? Voi lo sapete meglio di me…
Ora vi auguro di vincere anche grazie a questa mia intervista, questo progetto che state portando avanti…