FONTI : INTERNET
progettofuoriclassecup - Violenza negli stadi

 

 

Assistere a uno spettacolo sportivo, a una partita di calcio in particolare, rappresenta uno dei più diffusi e popolari modi di impiegare il tempo libero in Occidente. Il calcio è uno sport bellissimo. Più e più volte rimaniamo affascinati da un passaggio smarcante o dal modo in cui un giocatore addomestica la palla, serpeggiando tra gli avversari. Certamente siamo anche tifoso di una squadra di calcio, ci esaltiamo per i suoi successi e disperiamo per le sue sconfitte. Pensiamo anche che andare allo stadio, partecipare ai cori, che non sempre sono ingiuriosi o volgari, sia un’esperienza bellissima. Lo sapete, per esempio, che i tifosi della nostra squadra spesso intonano una bellissima canzone dialettale quando aspettano l’entrata in campo dei giocatori? È proprio perché amiamo tutto ciò che non riusciamo a capire le persone che trasformano questa festa dello sport in una rissa senza scopo.
Purtroppo quella che dovrebbe essere una festa si trasforma spesso, specialmente da noi in Italia, in occasione di violenza.
Le cronache delle partite sulla stampa sportiva non si limitano ormai da tempo a raccontarci le prodezze agonistiche di questo o quel campione, ma ci riferiscono di  aggressioni, scontri, risse, assedi, agguati, accoltellamenti, ferimenti, lanci di oggetti, di petardi, di pietre, di bombe, giù giù fino a che talvolta l'insensata spirale di violenza non lascia sul campo il morto ammazzato.
Il problema della violenza negli stadi è in Italia un problema annoso. Periodicamente, da molto tempo a questa parte, si organizzano dibattiti, si esecra, si condanna, facendo ricorso a una retorica sempre più stucchevole, ma non si fa sostanzialmente niente, fino allo scontro o al morto successivi.
Dispiace che la classe dirigente italiana indulga così spesso in chiacchiere inconcludenti, anziché affrontare i problemi con efficace risolutezza, come avviene in altri Paesi.
Le partite si trasformano in occasione di guerriglia urbana, il tifo calcistico si colora, oltre che di rivalità campanilistiche, di improbabili valenze politiche e ideologiche. Nelle curve si inneggia alla violenza senza che ne esistano giustificazioni plausibili.
Razzismo cretino, delinquenza comune, uso di droghe, bullismo, affermazione violenta della propria personalità, becero qualunquismo si mescolano, presso alcune frange estremiste degli ultras, alla passione sportiva.
Un malinteso ed equivoco approccio romantico alla partita anima, in certi stadi, alcuni settori di pubblico, sfociando non di rado in sciagurato teppismo. Spesso con la connivenza degli stessi calciatori, dei club e di talune lobby politiche, attenti a perseguire più il proprio interesse particolare che quello generale.
Come è possibile arrivare a mettere a repentaglio la vita propria e altrui. Forse le motivazioni per un atteggiamento del genere vanno ricercate al di fuori degli stadi, e forse sono troppe e  troppo complesse per essere generalizzate, senza osservare il caso specifico, a causa delle implicazioni sociologiche e psicologiche: disoccupazione, disagio giovanile, nevrosi, istinto di aggressività represso, idee rivoluzionarie o xenofobe. 



Ricordando le morti degli agenti di polizia Raciti, Sandri, Licursi, ritorna sempre di attualità questo problema della violenza nello sport ma specialmente la violenza negli stadi di calcio italiani. Le immagini degli scontri che fanno sempre il giro del mondo, hanno shoccato tutta la penisola e giustamente si è anche deciso di bloccare tutti i campionati di calcio.
Naturalmente noi tutti siamo contro la violenza negli stadi e bisogna trovare delle soluzioni utili a fermare questo brutto fenomeno perchè è giusto che un tifoso possa andare allo stadio a tifare la propria squadra senza aver paura che ci siano degli scontri. Molti hanno pensato a seguire il modello inglese . Fino a qualche anno fa in Inghilterra avevano il grosso problema dei violenti ultras inglesi: gli hooligans.Ma tutto questo fenomeno che era addirittura più grave del nostro è stato superato, infatti grazie a delle leggi e delle normative molto rigide ora in Inghilterra si può andare allo stadio senza lo fobia che c siano degli scontri. Posti nominali e a sedere in tutti i settori, via le barriere dagli stadi, rigorosamente di proprietà delle società, all’insegna della responsabilizzazione dei club. Ad ogni club è stato infatti assegnato il compito di garantire la sicurezza all’interno degli impianti, sia attraverso efficientissimi sistemi di telecamere a circuito chiuso che mediante l’ausilio di vere e proprie squadre di steward a stretta collaborazione con le forze di polizia. Inoltre le conseguenze per chi compie questi atti ingiustificati e sbagliati sono molto più rigide e più severe che nel nostro Paese. Le sanzioni per chi trasgredisce le regole, giudicate con processo per direttissima, sono infatti particolarmente dure sia in caso di violenza fisica che verbale: si rischiano fino a 6 anni di detenzione. In Italia basterebbe anche soltanto il rispetto del decreto Pisanu, che prevedeva rigidi controlli per entrare nello stadio e la rimessa a nuovo di tutti gli impianti calcistici italiani. Infatti solo tre stadi in Italia sono a norma: l’Olimpico di Torino, l’Olimpico di Roma e lo stadio “Marassi” di Genova. Neanche il più grande stadio italiano, cioè San Siro è a norma.
Purtroppo dopo la morte degli agenti della polizia sui muri di alcune città italiane sono comparse delle scritte che inneggiavano alla morte del poliziotto, come si è visto a Livorno sul muro del palazzo del giornale il “Tirreno”. Per questo, che forse, oltre a far rispettare le leggi con la forza e con la severità e a rimettere a nuovo tutti gli stadi italiani, bisognerebbe cambiare la mentalità dei tifosi. Ovviamente alla favola che il calcio è solo un gioco non ci crede più nessuno perché ormai c’è un giro d’affare troppo grosso, ma pensare che lo stadio possa essere punto di ritrovo anche di famiglie come succede in Inghilterra è fattibile. Quindi cambiare radicalmente la nostra cultura verso lo sport è la strada da seguire. E’ giusto chiedere stadi più sicuri, dunque, ma magari partendo dalle scuole, e incominciando dai tifosi di domani.


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